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Un’amicizia

di Silvia Avallone

a cura di Lilly Rosso

Nell’agosto 2020 Rossana Campisi su “Io donna”, rivista settimanale del  Corriere della Sera scriveva: “ L’amicizia è il nuovo bene rifugio, quello su cui investire, è stato chiaro in questa nostalgica balera del tempo post lockdown … Le amiche ti regalano un senso più libero di ciò che puoi essere. Lo sapevano Candance Bushnell, autrice di Sex and the City e ancor prima Virginia Woolf che ha scritto Le onde come testamento dell’unico sentimento che ci rende completi…”

L’ amicizia è certamente uno dei modi più intimi per esplorare il mondo ma, cercando nella letteratura classica da Achille e Patroclo a Eurialo e Niso o Cloredano e Medoro, di amiche neanche a parlarne. Il mito greco che racconta l’origine di questo straordinario sentimento si lega a due fanciulli, Eispnelas e Aitas, che vivevano in un villaggio della Laconia e frequentavano il non lontano santuario del dio Apollo cui un giorno rivolsero la stessa preghiera affinché la loro amicizia non fosse cancellata dal tempo. Quando i due amici, tenendosi abbracciati, uscirono dal santuario, il dio Apollo li trasformò in una meravigliosa pianta  di ulivo, carico di frutti. Alcuni pellegrini, vedendo il prodigio, esclamarono “è stato dio” esclamazione usata da allora per indicare il nuovo albero dai preziosi frutti, mai apparso prima sulla terra, di cui nessuno avrebbe potuto fare a meno come del sentimento dell’amicizia che lo aveva generato.

Infatti sembra che tolgano il sole dall’universo coloro che tolgono dalla vita l’amicizia, della quale nulla di meglio riceviamo dagli dei immortali niente di più piacevole” ( Cicerone De amicitia, 47)

Oggi di libri sull’argomento ce ne sono tanti: Noi che ci vogliamo così bene di Marcela Serrano, La grande amica di Catherine Dunne, Fai piano quando torni di Silvia Truzzi, L’amica geniale di Elena Ferrante, Parlarne tra amici di Sally Rooney, Amiche devote di Molly Keane, ecc.

Nel 2020 torna in libreria Silvia Avallone, voce ormai matura nel panorama della nostra narrativa contemporanea, con Un’amicizia, in corso di pubblicazione in 14 Paesi. Con il suo romanzo d’esordio Acciaio(2010) vince il premio Campiello Opera Prima e si classifica seconda al Premio Strega. Da Acciaio è tratto il film omonimo presentato nel 2012 alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, all’interno delle Giornate degli Autori. Nel 2013 pubblica Marina Bellezza e nella primavera del 2014  è a Soverato per presentare il libro alle ragazze e ai ragazzi delle Scuole Superiori in un incontro organizzato dalla Biblioteca delle Donne in collaborazione con la libreria Ubik di Catanzaro Lido. Nel 2017 è la volta del terzo romanzo Da dove la vita è perfetta,titolo tratto da un verso di una sua poesia giovanile de Il libro dei vent’anni e dedicato alla figlia Nilde.



SILVIA AVALLONE

Un’amicizia si muove all’interno delle relazioni adolescenziali e familiari  e viene considerato da alcuni un romanzo di formazione con ambientazione storica che coincide tra l’altro  con il periodo in cui Silvia Avallone è adolescente. Se la gioventù è stata la protagonista della modernità tanto che se ne è raccontata l’uscita dall’infanzia e la ricerca di una propria identità attraverso il romanzo di formazione, nella tarda post- modernità che stiamo vivendo la “formazione”avviene per canali piuttosto nebulosi, quando non pericolosi e soprattutto poco chiari per gli adulti.

Lo schermo del computer della tv, del telefonino è spesso il veicolo principale per costruire il proprio “romanzo” e chissà se qualche volta le ragazze e i ragazzi interrogano uno specchio, magari in segreto,per rimetterne insieme i frammenti e chiedersi  chi sono e cosa desiderano diventare.

Il libro di Avallone è un viaggio nella propria esistenza e, come in tutti i viaggi, i significati si intrecciano e si moltiplicano, a seconda delle segrete aspettative di chi si è messo in cammino. Sullo sfondo la rivoluzione digitale degli anni 2000 che ha trasformato il nostro modo di vivere, in profondità. E’ un testo sul nostro inizio millennio tecnologico e telematico, di pervasiva infatuazione mediatica quando per navigare bisogna occupare la linea telefonica, non esistono i social e i Blink 82 spopolano con Adam’s Song.

Trama Il romanzo racconta l’amicizia di Elisa e Beatrice,due figlie della provincia italiana, dall’inizio delle scuole superiori al loro oggi di donne adulte, dal 2000 al 2020.  E’ una storia a ritroso narrata in prima persona da Elisa, madre di un 12enne, ricercatrice e docente universitaria a Bologna, nata e vissuta prima a Biella, poi negli anni del liceo nella località toscana di T e infine  e al presente a  Bologna. E’ a T città di mare che Elisa incontra Beatrice la sera di Ferragosto e poi tra i banchi di scuola. Sono opposte e simili, entrambe eccellenti nei voti ma l’una introversa e l’altra aggressiva, unite e divise da sentimenti di soggezione e attrazione, di indipendenza e compensazione. Un’amicizia che diventa un destino, segnato da complicità e lacerazioni, di fatto ineludibile e inscindibile. Beatrice bellissima, disinvolta,sfacciata, ha occhi eccezionali di un verde smeraldo introvabili in natura. Ossessionata dalla propria immagine, è destinata a diventare una star dei social, “una stella di questa società  narcisistica e autoreferenziale,  esibizionista e mascherata, nella quale il culto dell’immagine è il riflesso di una civiltà imbalsamata dal  terrore della dissolvenza e della  morte”.( Gino Ruozzi Il Sole 24 Ore). Elisa goffa, trasandata, capelli rosso carota, tagliati da maschio, cammina come Charlot con degli anfibi viola dalla punta di ferro  n. 40, troppo grandi per un piede n.36 come il suo. Per la sua classe è la “sbiellata”, “la straniera”, “l’asociale” che continua a trovare tra le pagine del libro il suo rifugio. L’incontro con Beatrice è molto importante perché Elisa era sola prima di lei… Gira su un Quartz di seconda mano decorato da adesivi imbarazzanti. Entrambe quattordicenni, Elisa però ne dimostra 10 e Bea 20. La carica visionaria del romanzo libera il racconto da possibili derive moralistiche. Nel narrare il proprio tempo, l'autrice mostra il bisogno di scavare nello spirito delle cose, senza timore di mettere in campo debolezze, vergogne, sogni. Per esempio nell’orgoglio che non dipende dal riconoscimento degli altri ma dalla volontà e dal coraggio di essere se stesse. Nonostante le difficoltà, Elisa riesce a disegnarsi un profilo di persona autonoma e tenace, con obiettivi confusi e rischiarati dall’ostinazione dell’impegno e dalla persistenza degli ideali. La sua voce nella narrazione prende il sopravvento e noi la seguiamo nelle tante sconfitte e in alcune vittorie che rendono concepibile e attuabile l’utopia. A cominciare dal romanzo che ricrea basandosi su “vecchi diari’ che le sembra di sentire scricchiolare nel nascondiglio in cui li ha sepolti vivi e che le consentono di raggiungere quell’identità di scrittrice che le dà senso, sicurezza e prospettive.

Non è un’autobiografia, ma un interrogare se stessa nel tempo perché i ricordi non scompaiono; andarli a cercare diventa un impegno etico,se l’infanzia e l’adolescenza diventano il tempo della nostra vita e certe adolescenze diventano davvero la chiave, il punto di ritorno di intere esistenze.

Michela Marzano su Repubblica scrive: Silvia Avallone ci regala un altro bellissimo romanzo in cui riesce a descrivere magnificamente ”quel tacito contatto tra persone” come scrisse Voltaire parlando dell’amicizia.

Due termini: contraddizioni e riscatto aprono la chiave di lettura del romanzo. Sono ricchi di contraddizioni la relazione tra le due protagoniste e i loro sentimenti individuali ed entrambe come le loro madri hanno un grande desiderio di riscatto. Alcuni aspetti del carattere delle due ragazze sono,almeno all’inizio, una risposta ai comportamenti materni. Senza l'assenza di sua madre, Elisa sarebbe diventata una scrittrice? E Beatrice sarebbe mai diventata una stella del web e della moda, senza le suggestioni materne?

Eli e Bea si affidano ad altri due termini antitetici per affermare se stesse: parola e immagine o più precisamente la scrittura segreta di un libro e il racconto pubblico, esibito su web. Due linguaggi che corrispondono a due modi di raccontare se stesse.

Sei diari ripresi in mano dopo 18 anni consentono a Elisa di riattraversare la storia della sua amicizia con Bea e accompagnare la riflessione esistenziale tra rabbia, solitudine, incomprensioni, vuoto, nostalgia. Non vuole scrivere un romanzo ma mettere a fuoco chi è.

E’ la vita vista da dentro che, quando la vivi,non sai dove ti sta portando, puoi solo registrarne le immagini e riprenderle dal rifugio della memoria.

Non sapevamo quasi niente l’una dell’altra, io non conoscevo il suo dolore e lei non conosceva il mio”.… io non ho conosciuto la Rossetti: io so chi è Beatrice“.

Mi sono tenuta questo vuoto nell’anima per tanto di quel tempo che adesso non me ne importa niente se sono all’altezza oppure no. Non voglio dimostrare niente. Solo raccontare.”

Ognuna scopre una parte di sé e vede nell’altra uno spazio interiore, una sofferenza sopita che le accomuna. La loro amicizia sarà un’officina sperimentale perché l’amica dell’adolescenza è “il luogo” in cui si sperimenta l’identità, dove smetti di essere solo figlia dei tuoi genitori. In lei ti specchi, fai le prove. L’amicizia adolescenziale è quasi sempre esclusiva, un legame che si pensa indissolubile e spesso è più importante del primo amore.

Ci si lega da ragazzine e si rimane unite tra alti e bassi per tutta la vita, ci si incontra per caso e si ha la sensazione di conoscersi da sempre.

Nel romanzo c’è una gran volontà di tradire la propria madre, un forte desiderio di libertà femminile da lei (elemento tratto da Elsa Morante). Le vite delle madri sono piene di dolore, di negazione del sé. Annabella, madre di Elisa, mette sotto chiave il suo talento musicale, la madre di Beatrice rinuncia alla carriera da modella ma le lacerazioni di entrambe filtrano dallo sguardo che rivolgono alle figlie. Le madri del romanzo e quelle reali consegniamo un’eredità e, come nella vita, alcune di noi sono costrette spesso a fare un passo indietro. Due madri, un po’ teste d’ariete delle figlie che invece sono pronte per l’identità vera. Come riescono Eli e Bea a difendersi da quello sguardo?

E’ l’amicizia tra le ragazze, il laboratorio di rivoluzione e di emancipazione per difendersi da quello sguardo.

Un bel libro per capire come si diventa grandi.

Un romanzo straordinario che affronta temi profondi e delicatissimi: il rapporto tra l’essere e l’apparire, l’identità e l’alterità, la verità e la menzogna.( Michela Marzano).

Silvia Avallone ci propone una riflessione amara sul valore delle apparenze. E’ una storia sull’amicizia, sugli affetti, nell’età dell’apparenza. E ci porta a chiederci : Quanta verità contiene la perfezione, la bellezza, la felicità sui social?

Bea, scrive Elisa, è rimasta dentro quella domanda. Sembro felice?

Del resto Ginevra dell’Osservanza, madre di Beatrice sembrava felice ma non lo era. Diceva alla figlia: “La realtà non ha la minima importanza. E’ come veniamo percepiti che conta: come ci vedono gli altri, cosa lasciamo loro immaginare. Io sembro felice, no? Felicemente sposata. E tu, a volte, mi sembri perfino una figlia perfetta”.

E così accade che, dopo una presenza da ospite in una trasmissione televisiva, si parla solo di Beatrice in tutta Italia, arrivando addirittura a scomodare Merleau- Ponty e la Fenomenologia della percezione.

Beatrice ed Elisa tra apparenza e autenticità rappresentano due demoni opposti e questo le allontanerà. “Tu sei me” e “Tu eri me” sono le frasi che le amiche si rivolgono e che ci parlano di un rapporto fusionale che poi si trasforma in conflitto ingestibile.

Il libro di Silvia Avallone però è anche altro. Nel romanzo vengono predisposti due percorsi principali, collocati rispettivamente sull’asse del tempo e dello spazio- T- Biella- Bologna.

La storia di un’amicizia e quella familiare viaggiano parallele. C’è il percorso di una figlia che va alla ricerca di quel vuoto che ha condizionato la vita di sua madre e il racconto di un’assenza materna che diventa spaesamento e fardello insopportabile per un’adolescente.

Muore la mia infanzia, dice Elisa,mentre la madre Annabella spensierata e lieve come il suo nome, la separava dalle montagne biellesi e lei stringeva tra le mani Menzogna e sortilegio, preso in biblioteca e mai restituito”.

E Beatrice già adulta confessa “Io non lo so, quello che voglio. Fuori dallo sguardo di mia madre, dalle fotografie. Io non so chi sono”

L’assenza richiede  per poter essere messa in scena una solida ed elaborata struttura, come ben sa quell’ex bambina che a distanza di tanti anni e tante esperienze vuole avere ragione dell’indicibilità dell’abbandono materno. Chi va via è spinto da un’urgenza, sia pure disperata, ma chi resta è condannato all’inerzia dell’assenza.

Per spezzare la catena di questo risentimento, c’è la scrittura con le tante voci che reclamano ascolto, ognuna con le sue parole vitali.

Leggendo il libro ho fatto mia una domanda tratta da La fatica di diventare grandi dell’antropologo Marco Aime e dello psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet : “Come si diventa adulti in una società formata da famiglie più allungate che allargate con relazioni complici e paritarie tra genitori?, dove si smarriscono le differenze fra le generazioni?

Ed ecco che Silvia Avallone ci mostra  come le relazioni familiari, pur nella loro complessità e nell’infelicità che spesso procurano,si rivelano ancora una volta un vero motore di crescita interiore e di passaggio verso una maturità più consapevole.

Diversi i personaggi maschili che ruotano intorno alle figure femminili e sono determinanti nelle loro vite.

Beatrice  è affascinata dal padre di Elisa, un intellettuale che aveva sposato Annabella, una donna diversissima da lui. E’ Paolo, l’uomo nuovo, generoso, modello ideale di genitore che ha un ruolo chiave nella  crescita della figlia: cucina, fa la spesa, stira, si prende cura di Elisa, e per un certo periodo anche di Beatrice, è curioso e  riesce a traghettare entrambe le ragazze verso il futuro.

Un padre separato che affronta con Elisa un percorso inedito e cerca un ordine nelle pieghe faticose della convivenza.

Con un ritardo di 14 anni era difficile cominciare una relazione”, pensa Elisa, anche se l’ingegnere prende sei mesi di aspettativa all’Università pur di accudirla.  E poi “In casa c’era educazione, buon cibo e la tavola era apparecchiata bene non nel modo approssimativo di mamma”.

Eli solo col tempo imparerà a conoscere suo padre, quell’uomo di cui non aveva mai colto la profondità e le fragilità.

Un’amicizia è anche un libro di famiglie. Sono incerte e mobili,disperse e sfuggenti, eppure legami che restano e talvolta inaspettatamente si rianimano. Sembrano ossimori viventi, radici che non si possono svellere. Come le amicizie”. ( Gino Ruozzi Il Sole 24 Ore)

Il futuro è rappresentato da Valentino, al quale Elisa dedica queste parole: “ Sei il figlio di un sogno di un 15enne e una 14enne che avevano immaginato mille volte d’incontrare l’anima gemella in biblioteca e poi era accaduto. E anche se dopo la realtà si è rivelata non all’altezza, però non si può lasciare mai, un sogno. Dovevi nascere per forza.”

Il ricordo non è solo il peso di percepirsi sempre in un altrove imprendibile ma anche bisogno di capire gli altri e così Elisa mette in parole le cose che, se nessuno le sa, non esistono, ma che bussano inspiegabilmente alla porta del cuore, un’oscurità dolente cui dà voce.

Silvia Avallone cerca dei riferimenti nella sua biografia e li sublima nella costruzione di una storia che rappresenta un’intera generazione e va oltre, entrando nella psicologia adolescenziale e in quella di due famiglie in particolare. Da piccola la madre accompagna Silvia in  biblioteca e le trasmette quell’amore per i libri che apparteneva alle donne della sua famiglia, mentre Annabella abbandona la piccola Elisa tremante per la febbre alle due bibliotecarie della palazzina Piacenza, solo perché non sa a chi lasciarla. In libreria Silvia Avallone incontra il marito, mentre Elisa incontra in biblioteca Lorenzo, il ragazzo di cui s’innamora, quasi a evidenziare che i lettori si riconoscono nella passione per la lettura e si portano dietro suggestioni, passioni e consapevolezze.

Il premio Nobel Derel Walcott visto  da Elisa attraverso  la vetrina di una libreria è un’ emozione di Silvia; del resto Bologna è la città che sazia la sua fame di letteratura.

La provincia è la geografia dell’anima dell’autrice e nel libro ci sono i tre luoghi della sua vita: Biella, la provincia toscana e Bologna.

Il Babylonia, dove le ragazze e i ragazzi pogano e fumano, mentre gli Offspring cantano, era il top della sua adolescenza ma oggi non ne resta immagine né traccia. Il mondo adolescenziale è solo in Silvia.

L’io narrante si muove anche nella Storia,raccontando l’agitarsi di una coscienza nei movimenti della sinistra. Le sue idee politiche traspaiono: “Beatrice è spudoratamente capitalista”, dice Elisa che legge il Manifesto e riflette sul suo Occidente colpevole, l’Australia che brucia, il Mediterraneo diventato ormai un cimitero, la strage di Bologna, Trump che divide i figli dai genitori al confine con il Messico,i ghiacciai che si stanno sciogliendo al punto di non ritorno.

L’intimità del ricordo si trasferisce in una scrittura che ha i toni della confidenza, di uno sfogo, mai gridato, pacatamente sofferente, consapevole. In amicizia noi donne ci sentiamo libere di essere noi stesse.

Un’amicizia riporta diverse citazioni letterarie tra le quali risalta quella di Menzogna e sortilegio di Elsa Morante. Il romanzo d’esordio della scrittrice che nel 1948 vinse il premio Viareggio a pari merito con Aldo Palazzeschi. Elsa Morante aveva 36 anni, come Silvia Avallone nell’anno di pubblicazione del suo ultimo lavoro. E’ un’affettuosa e tacita  dichiarazione di poetica, specie nel  passaggio in cui si specchiano entrambe le protagoniste: “Pensano di conoscerti, là fuori, di sapere tutto di te e tu glielo lasci credere perché il tuo lavoro è come la letteratura: menzogna - me lo hai insegnato tu stessa – e sortilegio. Ma la realtà è che non hanno idea di chi tu sia, si accontentano dello scintillio in superficie mentre a me rimane tutto il buio. Ti seguono su internet e io ti ricordo. Loro hanno le foto, io ho te. Su una sola cosa, infatti, di quel che oggi combini – feste esagerate,viaggi intercontinentali,abiti da migliaia di euro- siamo d’accordo:il silenzio assoluto sulla verità, sul passato e su di me”….

Ho scritto che Beatrice era una ragazza normale all’epoca, ed è vero, però aveva un dono: sapeva leggere. Non in superficie e neppure all’interno, ma al cuore. Delle parole, dei gesti, degli abiti. Proprio lei che all’apparenza avrebbe fatto la sua fortuna, sapeva che la verità di una persona, come di un  libro, è in ciò che rimane muto: e segreto.

Avallone assorbe la grammatica di Morante ed ecco Beatrice che dà morsi alla vita, cosa che non riesce a fare Elisa, che inizialmente non ha strumenti per superare la sua asocialità.

E la stessa Elisa, in una notte d’amore con Lorenzo, con una dichiarazione letteraria eroica e una spacconata da ragazzina,si trasforma  nell’Anna morantiana che giura amore eterno al suo Edoardo.

 “Leggete L’isola di Artuto della Morante ripete Elisa alle ragazzine. Il futuro procede per sottrazioni, non aumenta nulla, solo la nostalgia” La provincia  è un po’ come l’isola di Arturo che ti sta stretta. “L’isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e insieme la tentazione delle terre ignote. L’isola è il punto di una scelta, un’uscita rischiosa, possibile solo attraverso il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza e  la traversata del mare materno”.

La maestra con la M maiuscola è Elsa Morante ma anche Ferrante e Ammaniti sono ampiamente citati, anche in modo scoperto. Ammaniti è lo scrittore dell’adolescenza in provincia, Ferrante parla di amicizia e femminilità. Per Avallone le donne di Ferrante arrabbiate e appassionate sono una continuazione di quelle di Morante.

Anche per Morante vale quello che dice Carolyn G. Heilbrun “Per raccontare una donna contano le relazioni”.

All’origine della formazione di Silvia Avallone c’è però la poesia,la sua lettura seria. Alle elementari studiava Pascoli e sentiva una sorta di innamoramento per la poesia come per le montagne di Biella. Altro nome che torna con gratitudine nel romanzo  è quello del poeta Sandro Penna, in uno degli episodi più belli del libro, raccontato con quella delicatezza  propria delle cose che possono in un attimo accadere o svanire. E sotto il banco del liceale Lorenzo c’è Stella variabile di Vittorio Sereni.

Silvia Avallone con questo romanzo mostra un’esigenza di cambiamento, di liberazione, scrive in prima persona per essere libera di commentare e fa i conti con le sue paure e con la rivoluzione tecnologica. In un’intervista recente dice: “Sono cresciuta telefonando alle amiche,non esistevano i telefonini, c’erano i diari, usavo il motorino per andare a nascondermi e mai mi sarebbe venuto in mente di scattarmi delle foto per condividere i momenti più belli perché segreti. Mi sono ritrovata a 36 anni a curare le mie foto sui social. Nella letteratura si racconta l’indicibile, l’invisibile, i segreti,i tremori, per questo profuma di verità. Nei social c’è la narrazione di una felicità assoluta, i successi, la gioia. Quello che è interessante per la letteratura non è l’immagine ma ciò che accade tra una foto e l’altra. Per la prima volta mi sento in pace, mi accetto per quella che sono”. E' forse il suo modo di far pace con la sua adolescenza e lasciarla andare.

Avallone cita Jonathan Franzen come esergo “A cosa serve la vita? Non lo so. “Neanch’io”. Ma non credo che serva a vincere”. Correzioni è uno dei grandi libri che segna una linea di demarcazione rispetto a Roth, Yates e alla vecchia guardia americana. Rispetto agli altri Franzen mostrò che la frantumazione dei rapporti porta a una dichiarazione sentimentale. C’è una famiglia disgregata che vive in una piccola città del Midwest americano e fonda la propria sopravvivenza sulla perpetua illusione che, applicare  delle correzioni rispetto al proprio portafoglio titoli in base all’andamento del mercato o rispetto ai propri comportamenti, servirà a cambiare qualcosa. In Franzen però i rapporti umani e familiari restano il nodo irrisolto, non ci può essere riconciliazione, perché l’America va dentro la sua pastorale americana mentre la pastorale italiana di Avallone trova pace nella cultura, anzi nella letteratura.

La letteratura è obsoleta”, dice Bea ma è proprio la letteratura che salva Elisa che sogna di diventare scrittrice. La letteratura torna a 33 anni, dopo la stroncatura a scuola della prof.

Un’amicizia cita anche Pastorale americana dove le vite personali dei protagonisti vanno letteralmente a pezzi, mentre sullo sfondo lo scandalo Watergate scuote gli Stati Uniti. Elisa ricorda di aver regalato a Bea per il 18° compleanno Anna Karenina che muore perché si era data in precedenza una meravigliosa opportunità: compiere errori.”Ecco come sappiamo di essere vivi sbagliando” ha scritto qualcuno. Ma Beatrice non intendeva affatto vivere. Doveva solo rimanere immobile, sorridere, trattenere il respiro per appiattire la pancia. Come le aveva insegnato Gin e come a Gin era stato insegnato a sua volta. Chissà chi lo ha stabilito per primo a quale istantanea devono sottostare le donne”.

Lo stile di Silvia Avallone si adatta all’atmosfera. C’è una parte più ritmata che si confà ai tempi dell’adolescenza e un ritmo più lento proprio del momento riflessivo. E' un romanzo elegante, nostalgico, a tratti, ma poi fa pace con il tempo, i cambiamenti, i rapporti sfilacciati e perduti.

La scrittura è moderna sia nella trattazione dell’elemento temporale che nella ricerca di espressione soggettiva. Una scrittura che risente dell’interesse per il cinema.

Varie le citazioni musicali: i Blink 82,i Pink Floid, i Led Zeppelin,Vasco Rossi,Sfera Ebbasta, Fabri Fibra.

In una delle pagine finali Beatrice si scatta una foto assieme ad Elisa e, vedendosi brutta per la prima volta, dice: “Lo vedi, l'amicizia non viene bene in foto” ed Elisa risponde: “Forse chi siamo è infinitamente più interessante e commovente di quel che vorremmo a tutti i costi sembrare”

Un’amicizia si conclude con una domanda esistenziale: “ La vita ha davvero bisogno di essere narrata per esistere?”

 
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